A decorrere dal 1° gennaio 2024, cambiano le regole per determinare se una persona fisica è fiscalmente residente in Italia o meno. Si tratta di un elemento di fondamentale importanza, perché definire il luogo in cui una persona è fiscalmente residente, significa definire il luogo in cui deve essere assoggettata a tassazione sulla base di tutti i redditi prodotti in ogni parte del mondo.
Normativa in vigore fino al 31 dicembre 2023.
La normativa in vigore fino al 31 dicembre 2023 considera fiscalmente residenti in Italia le persone fisiche che, per la maggior parte del periodo d’imposta:
risultano iscritte nelle anagrafi della popolazione residente;
hanno il domicilio in Italia;
hanno la residenza in Italia.
Le nozioni di “domicilio” e “residenza” devono essere considerate nell’accezione prevista dall’art. 43 del Codice Civile, quindi il domicilio va inteso come il luogo in cui una persona ha stabilito la sede principale dei suoi affari e interessi, mentre viene considerata “residenza” il luogo in cui una persona ha dimora abituale.
Fino al 31 dicembre 2023, l’iscrizione nelle anagrafi della popolazione residente viene considerata una presunzione assoluta, cioè non è ammessa prova contraria.
Pertanto, sulla base di questo principio, un soggetto residente in Italia che si sia trasferito all’estero, ma che non abbia provveduto alla cancellazione dall’anagrafe della popolazione residente è considerato comunque residente in Italia e soggetto a tassazione in Italia per tutti i redditi prodotti sia in Italia che all’estero.
Le condizioni di iscrizione anagrafica, domicilio o residenza sono alternative, pertanto la sussistenza di una sola di queste è sufficiente a qualificare una persona come residente nel territorio dello Stato italiano.
Le regole in vigore dal 1° gennaio 2024.
A decorrere dal 1° gennaio 2024, cambiano le logiche di definizione della residenza fiscale di una persona fisica in Italia.
In particolare, si considerano fiscalmente residenti le persone che, per la maggior parte del periodo di imposta, considerando anche le frazioni di giorno, hanno:
la residenza ai sensi del Codice Civile (quindi hanno dimora abituale in Italia);
il domicilio, intendendo come tale non più la definizione che né dà il Codice Civile, ma il luogo in cui si sviluppano, in via principale, le relazioni personali e familiari di una persona;
oppure sono presenti in Italia.
Inoltre, salvo prova contraria, si presumono residenti in Italia anche le persone iscritte per la maggior parte del periodo d’imposta nelle anagrafi della popolazione residente nel nostro Paese.
Applicabilità delle Convenzioni contro le doppie imposizioni.
Resta in ogni caso fermo che, ai fini della definizione del luogo di residenza, le Convenzioni contro le doppie imposizioni prevalgono sulla normativa interna italiana.
Pertanto, con riguardo alla definizione della residenza fiscale viene in rilievo l’art. 4 del Modello di Convenzione OCSE contro le doppie imposizioni che contiene le linee guida dei trattati internazionali conclusi da ciascun paese con l’Italia.
Secondo il modello convenzionale, la residenza fiscale deve essere attribuita al Paese in cui una persona è assoggettata ad imposta sulla base del domicilio, della residenza, della sede di direzione o di ogni altro criterio di natura analoga.
Quindi, nella sostanza, per individuare la residenza fiscale si ricorre in prima battuta alla definizione adottata dalla legislazione degli Stati contraenti.
Ma nel caso in cui le norme degli Stati contraenti entrino in conflitto, perché entrambi i Paesi, in base alla loro normativa interna, considerano una persona residente nel loro Stato, il modello di convenzione OCSE stabilisce i criteri di attribuzione della residenza ad uno solo dei due Paesi, tramite l’applicazione di regole specifiche (tie breaker rules).
Secondo tale modello, il Paese di effettiva residenza va individuato sulla base delle seguenti regole, in via gerarchica:
una persona fisica è residente dove ha un’abitazione permanente;
se ha un’abitazione permanente in entrambi gli Stati, si considera lo Stato in cui le sue relazioni personali ed economiche sono più strette (centro degli interessi vitali);
se il centro degli interessi vitali non può essere determinato, si considera la dimora abituale;
se la persona dimora abitualmente in entrambi gli stati o in nessuno dei due, si considera residente nel Paese della sua nazionalità;
se la persona ha la nazionalità di entrambi i Paesi o di nessuno dei due, occorre rimettersi alle autorità competenti di entrambi gli stati in modo che si accordino.
A disposizione per ogni ulteriore approfondimento. Con i migliori saluti.
SCALABRINI CADOPPI & ASSOCIATI
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